
Il progetto di Fotoreportage nasce nella primavera del 2012, con l’iniziativa “Diary from Jenin” .
L’idea è stata quella di documentare con foto e articoli la realtà della città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, e le attività di volontariato e cooperazione internazionale presenti in loco. Un punto di vista peculiare è stato riservato all’esperienza delle associazioni locali Palestinesi.
Perché Jenin? Situata a pochi chilometri dal confine israeliano, è una città che fu duramente colpita dall’operazione Scudo Difensivo (Operation Defensive Shield) del 2002 ad opera dell’esercito israeliano (IDF) ed ospita il più popoloso campo profughi della Cisgiordania.
Puoi leggere il reportage cliccando qui.
Al nostro ritorno ha avuto inizio un'attività di sensibilizzazione in Italia, per riportare ed arricchire le esperienze vissute nei Territori occupati. Sono state quindi realizzati il corso di formazione “Giovani e Palestina: Nuovi strumenti di cooperazione culturale” e la mostra fotografica “Palestina: Cooperazione oltre il limite”.
Il progetto ha trovato ulteriorie seguito nel settembre 2013. Questa volta, però, abbiamo deciso di allargare la nostra sfera d'azione: da Jenin a Gerusalemme, da Ramallah a Betlemme, da Abud Dis a Gerico, le nostre indagini hanno avuto le cornici più diverse e gli interlocutori più vari. Assieme alle coordinate geografiche, anche le tematiche si sono ampliate. Lasciandoci ispirare dai personaggi che via via incontravamo, abbiamo cercato di raccontare la società palestinese così come essa si presentava ai nostri occhi, spontaneamente e genuinamente, lasciando da parte qualsiasi programma o schema, sia materiale che mentale. Di primaria importanza per noi era - ed è - dare voce a chi i fenomeni storici, politici e sociali palestinesi li vive sulla propria pelle, convinti del valore intrinseco dell'espressione non filtrata e diretta della società stessa.
La nostra stella polare è sempre stata la consapevolezza della necessità di fornire, da un lato, un servizio di informazione il più possibile approfondito e di alto livello, dall’altro, un prodotto utile e di cooperazione costruttiva all’umanità cui ci rivolgiamo.
Ciò che ne è risultato, sono stati una serie di interviste e articoli che costituiscono l'inizio del nostro racconto del popolo palestinese e della vita nei Territori Occupati. Una storia che MAIA si propone di continuare a narrare.
Nel frattempo, al fine di divulgare il materiale fino ad ora raccolto, abbiamo scelto di organizzare una rappresentazione teatrale. L'obiettivo era dare maggiore risonanza alle indagini svolte grazie all’immediatezza del linguaggio artistico più completo: la plasticità del teatro, data dalla combinazione di parole, musica, suoni, gestualità e immagini, ci è sembrata il mezzo più efficace. Contemporaneamente, ciò ci ha permesso di consegnare il microfono direttamente ai protagonisti dei nostri scritti, offrendo loro un pubblico che altrimenti gli sarebbe risultato inaccessibile.
L’idea è stata quella di documentare con foto e articoli la realtà della città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, e le attività di volontariato e cooperazione internazionale presenti in loco. Un punto di vista peculiare è stato riservato all’esperienza delle associazioni locali Palestinesi.
Perché Jenin? Situata a pochi chilometri dal confine israeliano, è una città che fu duramente colpita dall’operazione Scudo Difensivo (Operation Defensive Shield) del 2002 ad opera dell’esercito israeliano (IDF) ed ospita il più popoloso campo profughi della Cisgiordania.
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Al nostro ritorno ha avuto inizio un'attività di sensibilizzazione in Italia, per riportare ed arricchire le esperienze vissute nei Territori occupati. Sono state quindi realizzati il corso di formazione “Giovani e Palestina: Nuovi strumenti di cooperazione culturale” e la mostra fotografica “Palestina: Cooperazione oltre il limite”.
Il progetto ha trovato ulteriorie seguito nel settembre 2013. Questa volta, però, abbiamo deciso di allargare la nostra sfera d'azione: da Jenin a Gerusalemme, da Ramallah a Betlemme, da Abud Dis a Gerico, le nostre indagini hanno avuto le cornici più diverse e gli interlocutori più vari. Assieme alle coordinate geografiche, anche le tematiche si sono ampliate. Lasciandoci ispirare dai personaggi che via via incontravamo, abbiamo cercato di raccontare la società palestinese così come essa si presentava ai nostri occhi, spontaneamente e genuinamente, lasciando da parte qualsiasi programma o schema, sia materiale che mentale. Di primaria importanza per noi era - ed è - dare voce a chi i fenomeni storici, politici e sociali palestinesi li vive sulla propria pelle, convinti del valore intrinseco dell'espressione non filtrata e diretta della società stessa.
La nostra stella polare è sempre stata la consapevolezza della necessità di fornire, da un lato, un servizio di informazione il più possibile approfondito e di alto livello, dall’altro, un prodotto utile e di cooperazione costruttiva all’umanità cui ci rivolgiamo.
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Nel frattempo, al fine di divulgare il materiale fino ad ora raccolto, abbiamo scelto di organizzare una rappresentazione teatrale. L'obiettivo era dare maggiore risonanza alle indagini svolte grazie all’immediatezza del linguaggio artistico più completo: la plasticità del teatro, data dalla combinazione di parole, musica, suoni, gestualità e immagini, ci è sembrata il mezzo più efficace. Contemporaneamente, ciò ci ha permesso di consegnare il microfono direttamente ai protagonisti dei nostri scritti, offrendo loro un pubblico che altrimenti gli sarebbe risultato inaccessibile.
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makeanimpact.info@gmail.com
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